domenica 27 novembre 2011

Storia del finanziamento pubblico dei partiti


Quando il finanziamento ai partiti fu introdotto con Legge n.195/74, l'intento del legislatore era quello di disincentivare eventuali collusioni o corruzioni dei politici dotando i partiti presenti in Parlamento di un "piccolo" capitale. Contestualmente venne promulgata una legge che vietava ai partiti di ricevere finanziamenti da altri enti pubblici e li obbligava a tenere un rigoroso registro di ogni aiuto economico di origine privata ricevuto che superava la modica cifra.

L'effetto immediato di questa norma fu quello di penalizzare le nuove formazioni politiche alimentando i farraginosi apparati burocratici interni. Furono queste le basi su cui, mattone su mattone, si è poi costruita la Casta. Nel 1980 fa capolino in Parlamento una proposta che vorrebbe raddoppiare l'entità del finanziamento pubblico ma lo scoppio di un grosso scandalo di imprenditori che imbonivano politici con piogge di denaro impose uno stop al progetto. Uno stop solo momentaneo. Con Legge n.659/81, infatti, i finanziamenti pubblici venivano raddoppiati, permaneva il divieto di ricevere finanziamenti da altri enti pubblici ma veniva introdotta una modifica alle rigide regole di registrazione della contabilità dei finanziamenti sostituendo il severo registro con un più blando rendiconto su cui nessun ente aveva potere di accertamento. L' Italia dovette assistere a tangentopoli perché con il referendum dell'aprile 1993 il 93,5% degli italiani si esprimeva per sopprimere i finanziamenti pubblici ai partiti.

Fatta la legge, trovato l'inganno e dopo solo otto mesi da che il popolo sovrano si era espresso in materia veniva trovato un sicuro escamotage, veniva infatti varata una legge in cui i soldi ai partiti non si chiamavano più "finanziamenti” ma "contributi per le spese elettorali”. La legge veniva applicata con un inusuale rapidità e diventava operativa già per le successive elezioni politiche che avvenivano dopo tre mesi, e veniva previsto un contributo per le spese elettorali di ben 47 milioni di euro da erogarsi in un unica soluzione.

Facendo affidamento sulla ben nota memoria corta degli italiani con Legge n. 2/97 si evitavano ipocrisie reintroducendo ufficialmente il finanziamento pubblico ai partiti, sovvenzioni su cui solo la Corte dei Conti può fare accertamenti basandosi però unicamente sui rendiconti presentati da ogni partito. La liquidità necessaria per coprire questa legge dovrebbe venir reperita mediante il versamento volontario dei cittadini del 4 per mille della propria dichiarazione dei redditi, fino a raggiungere un tetto massimo di complessivi 56 milioni 810mila euro.

La storia insegna che in politica i soldi non bastano mai e appena un anno dopo il tetto massimo veniva ritoccato al rialzo portandolo a 82 milioni 633mila euro.

La chiara scelta dei cittadini veniva più volte clamorosamente tradita dai suoi rappresentanti.

Accadeva però che solo una minima parte di italiani aderiva all'invito di destinare volontariamente il 4 per mille per il finanziamento ai partiti, ribadendo così, se ce ne fosse stato bisogno, la convinzione della scelta referendaria. Toccava nuovamente ai politici muoversi per autotutelarsi.

Con Legge n. 157/99 veniva definitivamente reintrodotto il finanziamento pubblico completo per i partiti che riuscivano ad ottenere durante le elezioni almeno il 4% delle preferenze, non veniva previsto nessun sistema di controllo del rapporto entrate/uscite di un partito che diventava nei fatti un'azienda a cui vanno erogati regolarmente contributi statali per 193.713.000 euro ogni anno (al confronto gli incentivi dati alla Fiat o all'Alitalia risultano quasi quisquilie).

Con la legge n.156/02, si decideva che potevano beneficiare dei finanziamenti tutti i partiti che ottenevano almeno l'1% dei voti e la cifra da erogare passava dai quasi 194 milioni di euro a 468 milioni di euro.



La Casta è diventata insaziabile e vuole ancora di più, nel 2006 insieme all'indulto si riesce a far passare un provvedimento per cui viene erogato il finanziamento previsto per il quinquennio di legislatura anche se lo schieramento politico non riesce a rimanere in carica per l'intero mandato, in pratica all'inizio di ogni singola legislatura vengono messi a disposizione dei partiti 2 miliardi e 340 milioni di euro.

Con il ribaltone politico del 2008, con conseguenti nuove elezioni a distanza di solo due anni dalle precedenti, accade che molti partiti percepiscono il finanziamento previsto per la legislatura che ha avuto inizio mandato nel 2006 a cui sommare quello previsto per la legislatura formatasi nel 2008.

Nel 2008, nel 2009, 2010 e ancora nel 2011 per alcuni partiti si vengono a sovrapporre i finanziamenti previsti per le due legislature arrivando a toccare la cifra da capogiro di un contributo di 3 miliardi 744 milioni di euro da spartirsi tra una decina di partiti.


Fonte della notizia: Susanna Ambivero Blog

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